Stile Forlì

Viaggio nella meno romagnola delle città della Romagna, fra architetture razionaliste, palazzi del Cinquecento, street art e una grande mostra su Piero della Francesca

Preparando il viaggio, mi sono resa conto che le guide turistiche non trattano approfonditamente di Forlì (fa eccezione la Guida Verde Touring Emilia-Romagna, fresca di aggiornamento, ndr), e la città è esclusa dagli itinerari più battuti della pur frequentatissima Romagna. Segno che non è considerata una località turistica, complice forse, anche, il carattere schivo (per quanto possa esserlo un romagnolo...) e l’attitudine a un certo understatement degli stessi forlivesi. Ragione in più per andare a scoprirla. Perché Forlì fin dal primo impatto si è rivelata ai miei occhi tutt’altro che un luogo anonimo. Basta poco, una volta arrivati, per restare colpiti dalla sua compostezza vibrante e affascinante.
Forlì, la città che fu nel passato di Livio (il nome viene dal latino Forum Livii) e molto più recentemente di Mussolini, originario della vicina Predappio, è un Comune che conta poco più di 110mila abitanti, nel cuore della Romagna, eppure ha un carattere che lo distingue dagli altri comuni della provincia. Camminando per il centro la prima cosa che ho notato è la straordinaria impronta che ha lasciato qui l’architettura razionalista del regime fascista come ad esempio nel Palazzo delle Poste e nella stessa magnifica piazza Aurelio Saffi, il salotto buono della città. Anche il Duomo, nella vicina omonima piazza, ha una storia interessante…

Anche il Duomo, nella vicina omonima piazza, ha una storia interessante. Il suo aspetto attuale si deve in parte alla ricostruzione del 1841, opera di Giulio Zambianchi, in parte ai lavori del 1970, resi necessari in seguito ai danni lasciati dal conflitto mondiale nel 1944. La cattedrale, però, che ha origini anteriori al XII secolo, aveva già subito ampi rifacimenti nel Cinquecento con la rimozione di strutture romaniche e gotiche, per una fisionomia rinascimentale. La commistione di stili deve essere una cifra comune a Forlì: nella stessa piazza Saffi convivono con una certa armonia stili architettonici medievali, rinascimentali e novecenteschi; nei quali si integrano perfettamente strutture commerciali contemporanee. Qualche mese fa sotto i portici di un palazzo dell’Ottocento restaurato per l’occasione ha aperto il primo Eataly del Centro Italia. All’interno, il ristorante è stato affidato a Giuliana Saragoni, che in precedenza gestiva l’apprezzatissima Locanda del Gambero rosso a San Piero in Bagno (Fc).
Chi visita Forlì finisce inevitabilmente in piazza Saffi dove sfocia anche il lungo corso della Repubblica, su cui si affaccia, al numero 72, palazzo del Merenda. Costruito nel 1722 come Ospedale della Casa di Dio, oggi è biblioteca, pinacoteca e museo civico; ma per lavori, dal 2012 il palazzo è accessibile solo in parte. La pinacoteca è stata provvisoriamente trasferita ai Musei civici, nel complesso di S. Domenico, e la collezione Giuseppe Verzocchi è al piano terra del vicino palazzo Romagnoli, in via Albicini. Unica nel suo genere, la collezione fu donata alla città nel 1961 dall’imprenditore forlivese: Verzocchi commissionò a una settantina di artisti del suo tempo altrettante opere, tutte ispirate al tema del lavoro. Ecco quindi i capolavori di Sironi, de Chirico, Carrà, De Pisis, Guttuso, Depero oltre a Vedova, Casorati. Opere tutte di media dimensione (90x70) e per esplicita richiesta del mecenate, portano tutte all’interno del quadro l’immagine di un mattone con la sigla V & D, il marchio della ditta Verzocchi & De Romano.

Altro punto di interesse in città è l’Archivio Piancastelli, creato dal fusignanese Carlo Piancastelli (1867-1938) e donato dallo stesso fondatore alla biblioteca Saffi. Si trovano, qui, almeno 300mila documenti appartenuti ai più importanti letterati e artisti italiani: manoscritti di Niccolò Macchiavelli, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Vittorio Emanuele II, Vincenzo Monti. Lettere,  scritti, ma non solo: Piancastelli collezionava anche spartiti originali (tra le firme, Gioachino Rossini) e soprattutto monete. Il fusignanese era uno dei più grandi collezionista di numismatica al mondo. La sua collezione vanta centinaia di preziosissimi reperti, in particolare monete romane antiche.
Sempre in via Saffi ho scoperto un progetto che racconta la storia del Novecento da un’angolazione molto particolare: Atrium, che raccoglie documentazione su tutti monumenti e le costruzioni realizzate sotto la dittatura, non solo in Italia. Un’interessante panoramica sull’architettura di regime, le sue motivazioni, i risultati, tematica particolarmente azzeccata in una città dove l’architettura risente moltissimo del passato regime fascista (atrium.comune.forli.fc.it; il sito internazionale invece è www.atrium-see.eu e comprende Serbia, Croazia, Albania, Romania...).
Continuando la passeggiata forlivese ho scoperto, nella vicina piazza XX Settembre, l’abbazia di S. Mercuriale, il cui slanciato campanile romanico ci porta indietro fino a mille anni fa.
In questa macchina del tempo che si è rivelata Forlì, restiamo nell’antichità per visitare il complesso di S. Domenico, in piazza Guido da Montefeltro, ex convento domenicano del 1200 che oggi, oltre a ospitare la Pinacoteca, è sede espositiva. È qui che, fino al 26 giugno, si tiene la grande mostra Piero della Francesca. Indagine su un mito, che riunisce accanto alle opere dell’artista toscano i grandi maestri del Rinascimento e documenta l’influsso di Piero anche sulle generazioni successive, da Giovanni Bellini e Antonello da Messina fino ai Macchiaioli, e agli inglesi del circolo di Bloomsbury come Roger Fry e Duncan Grant. Senza dimenticare gli italiani Guidi, Carrà, Donghi, De Chirico, Casorati, Morandi, Funi, Campigli, Ferrazzi, Sironi e persino Le Corbusier, Balthus e Edward Hopper, a dimostrare la contemporaneità dell’eredità di Piero (clicca qui per leggere la nostra scheda).

Una mostra che attraversa i secoli, proprio come accade camminando per Forlì. Dove basta svoltare l’angolo per passare dal medioevo a un quartiere odierno di Londra o New York, fatte le debite proporzioni. Esiste infatti anche una Forlì Off, concentrata in via Regnoli, una strada stretta e lunga che parte dalla centralissima piazza XX Settembre. Il quartiere oggi è abitato in prevalenza da giovani artisti e da immigrati: «Nel 2011 i miei amici e io si siamo impegnati per rimettere a posto la via», ci racconta Federico Fantini, in arte Fedux, forlivese doc di 36 anni, che incontro vicino alla facciata del palazzo che usa come studio e galleria: tutto un disegno, un decoro come accade a quasi tutti i muri dei palazzi della via.
Tra kebab e internet point spuntano installazioni e statue: su un balcone, fuori da un davanzale, accanto a un cartello stradale. Street art, accanto ai più quotati galleristi e antiquari della città. Questa particolare sovrapposizione di arte ed etnie non è casuale ma il risultato di una scelta fatta dagli stessi cittadini: «Questa era la zona più degradata della città» continua Fedux «C’erano malviventi, risse... Partendo dai nostri negozi di antiquariato io e mio fratello abbiamo lavorato per portare un po’ di positività attraverso l’arte». Detto fatto: nel quartiere è stato anche organizzato un concorso, Galleria a cielo aperto, che giunge quest’anno alla IV edizione: opere di giovani artisti, sculture, quadri e interventi di ogni tipo a decorare la via. «Da allora la situazione ha iniziato a cambiare: la malavita si è ritirata, le vecchie botteghe riaprono, qui ha aperto il pub Cosmonauta, il più frequentato dai ragazzi di Forlì». Così artisti e creativi della città si stanno riunendo in questa via per contribuire alla sua rinascita: «Qui c’è tanta energia. È un territorio vergine, si può lavorare molto. Oltre a Eataly ha aperto il nuovo spazio Fendi... Insomma, io dico sempre che Forlì è la Bella addormentata della Romagna, ma ora si sta svegliando».

 

Foto di Paolo Simoncelli