Abruzzo. Il modello Castrovalva

Il paesino reso celebre da un disegno di Maurits Cornelis Escher è oggi meta anche di escursionisti e appassionati d’arte che cercano e ritrovano ancora l’antico fascino che qui subì l’artista

Il paese sembra un nido d’aquila e lo straniero appena arrivato, lo guarda estasiato. Il viaggio da Roma, un po’ a piedi un po’ a dorso d’asino, l’ha sfiancato e quell’aria tiepida dal retrogusto di genziana lo invita al sonno. Trova alloggio nella casa di don Tito, maestro elementare, e si addormenta subito mentre fuori, tra le ombre della notte, la processione del Corpus Domini prende vita.
Alle cinque di mattina l’uomo è svegliato dai colpi alla porta, sono i carabinieri che lo vogliono portare al commissariato perché è sospettato di aver preso parte a un attentato al Re d’Italia, avvenuto il giorno precedente a Torino. La segnalazione è di una donna che l’ha visto la notte prima aggirarsi con sguardo diabolico per il borgo; per di più non ha partecipato alla processione.
Non è proprio amichevole, in quel lontano 1929, l’approccio tra Maurits Cornelis Escher – il grafico visionario più geniale del XX secolo – e la comunità di Castrovalva, frazione di Anversa degli Abruzzi, nell’Aquilano. Lo racconta Bruno Ernst, amico e biografo dell’artista olandese ne Lo specchio magico, Taschen editore, 1978. Ma tutti i colpi di fulmine sono così: prima lasciano tramortiti poi mettono sangue nelle vene. Infatti, l’artista non si dà per vinto, minaccia di protestare a Roma e così lo lasciano andare.

Una volta libero, Escher – stordito dal brusco risveglio e dalle caratteristiche di quel minuscolo comprensorio – girovaga per le viuzze e gli slarghi, e si affaccia da quell’orrida rupe su cui sta sospeso il borgo: 820 metri tra un cielo pieno di luce e un canyon di antica cupezza, le gole del Sagittario. Poi si ferma su una stretta mulattiera, si accuccia con le armi del suo mestiere e compie il miracolo, trasformando per sempre Castrovalva in un luogo della mente, un po’ inferno, un po’ paradiso. È tutto questo e tanto di più la litografia Castrovalva (Museum of Art di Washington) che Escher completa l’anno successivo.
Disegnerà poi altri paesi d’Abruzzo, ma il ‘nido d’aquila’ rimane il suo primo amore e molti critici affermano che il prestigio dell’artista sia cominciato proprio con questa litografia, il capolavoro del suo periodo paesaggista.

Ecco, ora siamo anche noi accucciati, 86 anni dopo, nel punto in cui Escher ha disegnato Castrovalva. Si trova ai piedi dell’ultima curva che porta al paese ed è contrassegnato da una lapide con la scritta Girone M.C. Escher e le foto dell’artista olandese e della sua opera. Un tributo dell’amministrazione comunale e dell’associazione di Pescara Culture Tracks, che promuove la conoscenza di Escher in Abruzzo. Il paesaggio non è cambiato, in alto: Castrovalva è ancora un nido d’aquila abitato da 15 persone d’inverno e da 200 in estate; a destra Anversa degli Abruzzi e i suoi tetti aguzzi, sullo sfondo Cocullo, il paese dei serpari.
Un piccolo mondo antico che custodisce da secoli, uomini e storie, apparentemente immutabile ma produttore fecondo di sensazioni ataviche e struggenti. Le stesse che ispirarono qualche anno prima di Escher, nel 1905, un altro geniale artista, Gabriele D’Annunzio: la Fiaccola sotto il moggio, infatti, è ambientata ad Anversa.

Oggi il territorio continua a produrre bellezza. La Riserva naturale regionale Gole del Sagittario gestita dal Wwf, con 450 ettari che si sviluppano dai 500 ai 1500 metri d’altitudine, vanta una rara vegetazione delle sorgenti, faggete e praterie. Una realtà apprezzata da oltre 10mila visitatori l’anno, che ha costruito un’alleanza con la comunità locale grazie a un’intensa attività scientifica e di divulgazione, con visite guidate alla stazione ornitologica, al giardino botanico e la creazione di una rete di sentieri per esplorare la valle del Sagittario: l’antico Flaturnus che da millenni incide la roccia calcarea e, come scrive il Vate, «si rompe e schiuma giù per i macigni, mugghia, trascina tronchi…».
A onor del vero, così potente il torrente non lo è più. Nel 1927 fu prosciugato a beneficio di un lago per una centrale idroelettrica e scomparve per lustri; quando è tornato a scorrere qualche anno fa gli abitanti hanno pianto di gioia: quel rilassante brusio li riportava di colpo all’infanzia, quando l’alveo traboccava e loro, bambini, tiravano sassi sul pelo dell’acqua.
Il borgo è vivo e gradevole e non può essere altrimenti perché trovarsi protagonista di una litografia di Escher è una magia, non si possono deludere le aspettative dei fan.

Molte case sono state restaurate e, insieme con quelle di Anversa, hanno costituito in pochi anni un albergo diffuso che conta 20 appartamenti e 80 posti letto. Nella piazza alcune donne accomodate al sole selezionano le erbe per i loro elisir di lunga vita, come l’amaro di genziana, il nocino, il limoncello. Ma già si pensa al prossimo Natale e all’esposizione dei presepi lungo le vie: ciascuno farà il suo e sarà una gara per il più bello. È stata rifondata pure la Proloco, ma manca ancora un Centro di documentazione che faccia vivere l’olandese volante e le sue ardite illusioni ottiche. Il sindaco Gianni De Cesare promette di realizzarlo vicino alla casa di quel maestro elementare che ospitò l’artista tanto tempo fa. Da lì in fondo tutto è cominciato, da lì si può ripartire affinché il microcosmo di cui Escher ha colto la vera essenza, continui a farsi universo.

Fotografie di Giovanni Cocco