Inchiesta. Autobus green e low cost

Addio corriere e torpedoni. Il futuro del viaggio low cost è il bus: sostenibile, spazioso, confortevole, sicuro, hi-tech e a buon mercato. L’abbiamo sperimentato tra Milano, Monaco e Venezia, confrontando prezzi, tempi, consumi ed emissioni

Arrivi al bus terminal di Milano Lampugnano, 17 minuti di metropolitana da piazza del Duomo, verso le 11.45 di un lunedì primaverile e trovi un mondo inatteso. 
Il mio FlixBus, l’autobus della start-up tedesca che ha rivoluzionato le linee a medio-lungo raggio e nel 2015 ha già fatto viaggiare 20 milioni di persone in Europa, parte per Monaco di Baviera dalla banchina A3. Nell’attesa compagnie e destinazioni si susseguono: OuiBus si avvia per Marsiglia, FlixBus per Clermont-Ferrand ed Eurolines per Barcellona; arrivano tre FlixBus da Parigi, Merano e Venezia più un MegaBus a due piani da Napoli, tutti in anticipo di mezz’ora. Facce stanche, poi, sul Bucarest-Bordeaux di Eurolines che segue; solo i due autisti si avviano col piglio degli habituée al bar per il caffé. Più in là, sono in sosta un due piani delle ferrovie tedesche e un altro di MegaBus insieme a due autobus di Simet e Marino.

Primo giorno, ore 12.10. La linea X76 per Monaco arriva da Torino. L’autobus è un gigante a due piani da 80 posti lungo 14 metri; ha una decina di mesi di vita: il profilo del Colosseo sulla coda celebra la nascita di FlixBus Italia, nel luglio 2015. L’autista apre il vano di carico, verifica con lo smartphone i ticket della trentina di viaggiatori e fa deporre zaini e trolley nel bagagliaio. A bordo si può scegliere il posto liberamente; 43 i passeggeri in totale. Il tempo di sistemarsi e, in tedesco, dall’altoparlante: «Buongiorno, sono Mustafa Ibrahimovic e vi porterò a Monaco... ». A seguire, l’invito a tenere sempre allacciate le cinture di sicurezza, l’annuncio che il wifi è fuori servizio per manutenzione – come anticipato per mail il giorno prima – e che si partirà alla 12.40 (e non alle 12.15) per rispettare le pause di legge. Poi: «Purtroppo non parlo italiano, invito chi di voi sa le due lingue a tradurre il mio messaggio ai viaggiatori che non capiscono il tedesco». Alle 12.45 l’autobus già sfila silenzioso a 100 all’ora lungo l’A8/9 verso Como e la Svizzera.

Ore 13.20. Al valico di Brogeda la targa tedesca non basta a rassicurare i gendarmi svizzeri. In coppia – fin troppo somiglianti ai personaggi della sit-com Frontaliers della tv ticinese, ridacchia il mio giovane vicino comasco – controllano i documenti e si incagliano due file più avanti. Nascita tunisina, passaporto olandese, residenza in Baviera: il malcapitato deve sbarcare il bagaglio e andare in ufficio. Dopo 20 minuti di verifiche, semaforo verde e il trentenne, nel riaprire il pc portatile, alterna francese e tedesco per spiegare che allestisce negozi e ha incontrato un fornitore a Milano; aggiunge «ormai ai controlli ho fatto il callo. Viaggio in bus perché almeno mi aspetta, non avete idea dei voli e dei treni che ho perso... ».

Ore 14.30. Da Bellinzona verso il passo del San Bernardino i 500 cavalli del motore Mercedes spingono con disinvoltura l’autobus su per i tornanti, senza disturbare i passeggeri. In gran parte, auricolari nelle orecchie, sfruttano i 77 centimetri di distanza tra una fila e l’altra per sonnecchiare a schienale abbassato. Rinunciano così alla vista delle montagne innevate e sulla discesa su Splügen nell’alta valle del Reno, uno tra i percorsi panoramici più spettacolari delle Alpi.
 
Ore 16.25. Al valico di Kriessern, per entrare in Austria, si replica coi controlli: Schengen sembra non valere per gli autobus. Il vicino olandese finisce di nuovo in ufficio e c’è chi fa una pausa sigaretta. Yana, venticinquenne slovacca maître ai piani in un cinque stelle milanese, rientra a Bratislava per le ferie: «Scelgo il bus perché i voli low cost mi hanno esasperato; con 25 euro sono a Monaco e per arrivare a casa ho la tariffa a un euro; porto tutti i bagagli che voglio e con 9 euro extra pure il regalo per l’amica che mi ospita stanotte: è mamma da pochi giorni e all’outlet le ho trovato il passeggino». Squilla il telefono dell’autista: è la centrale FlixBus da Berlino: «Siete in ritardo e sta per scadere il tempo di guida». Mustafà rassicura l’operatore, l’area di servizio Hohenems è a pochi minuti e i poliziotti austriaci hanno finito i controlli. 

Ore 16.40. Il bus si ferma allo scadere delle quattro ore di guida; 30 minuti di pausa con discesa obbligata. Il ristorante Rosenberger è accogliente ma i passeggeri italiani non apprezzano le toilette a pagamento. Però la pulizia è impeccabile, cosa che non si può più dire del bagno dell’autobus che già da un’ora è rimasto senza acqua e senza carta igienica.

Ore 17.45. Si passa da Bregenz rapidamente; il colpo d’occhio sul lago di Costanza è magnifico. Si entra in Germania sul filo dei 100 orari, ma ecco subito la polizia. Luci blu, scritta lampeggiante rossa «Polizei, Bitte folgen», bisogna seguire la pattuglia fino a una piazzola. Salgono due giovani agenti molto efficienti e il solito passeggero finisce in quarantena. Dieci minuti e si riparte; l’arrivo a Monaco in 6 ore e 40 minuti è ormai un sogno, mancano 160 chilometri. E richiama la centrale da Berlino, in allarme per la sosta imprevista.

Ore 19.45. È buio, la sbarra luminosa della Zob (Zentraler Omnibusbahnhof, stazione centrale degli autobus) di Monaco si alza con 55 minuti di ritardo. A portellone aperto i bagagli si recuperano in un attimo, fuori ci sono i taxi e due linee di tram; i treni della stazione centrale sono a 10 minuti a piedi. 

 

Secondo giorno, ore 6.45. La neve fuori stagione ha imbiancato Monaco. Lungo Arnulfstrasse, verso la Zob si allunga la fila di viaggiatori che marciano con trolley al traino. L’avveniristica stazione, con 20 banchine, bar e centro commerciale al piano superiore, è già in attività: Francoforte, Praga, Salisburgo, Aquisgrana le destinazioni sui tabelloni; arriva un MegaBus da Bruxelles, riparte un Postbus giallo per Dresda, un hipster carica la scatto fisso sul portabiciclette del FlixBus per Berlino. 

Ore 7.05. Il tempo di imbarcarsi sul FlixBus 491 per Venezia – lo staff “volante” della stazione accelera le procedure: una hostess controlla i ticket e un addetto smista i bagagli – ed è bagarre. Andrea, ventenne diretto a Padova sale con un violino in una custodia rigida. L’autista lo ferma: può essere pericoloso, va nel baule; il musicista contesta. I toni salgono, poi si arriva al compromesso: lo strumento è messo in sicurezza in un vano a parte. Puntuale, il 14 metri a piano rialzato targato nel 2015 lascia Monaco; il secondo autista Michael Unterreiner – solo in tedesco – presenta il collega Dirk Wessels al volante e ricorda di allacciare le cinture.

Ore 8.25. I 22 passeggeri sonnecchiano, la frontiera austriaca si passa a Kufstein senza rallentare, però verso la Germania la coda è di cinque chilometri. Fuori è tutto neve ma si sta bene, i sedili di questo mezzo – metro alla mano – sono distanziati di 75 centimetri, le prese elettriche funzionano, il wifi continua coi capricci. Al di sopra di barriere antirumore senza fine il paesaggio affascina, ma Jan e Tina, giovane coppia della val Pusteria, sono assorti sul tablet che hanno davanti a loro. In una pausa, Tina confida: «Da quando ho scoperto di aspettare un figlio evito i luoghi affollati; treno e aereo mi fanno agitare».

Ore 9.30. Zero controlli al Brennero, il Tirolo e Innsbruck sono passati in un soffio, ma a Bressanone c’è una sosta fuori programma per lavare il parabrezza. Siamo in anticipo e fermi in area di servizio, Berlino non chiama.
Il wifi ora funziona, per la gioia di un gruppo di giovani kazaki che, via Skype, avviano una vivace videoconferenza con gli amici a casa. Dopo 20 minuti cade la linea e, sollevato, il resto dell’autobus torna a dormicchiare.

Ore 10.40. L’Autobrennero è una colonna infinita di camion, ma l’autobus giunge a Bolzano in orario. Davanti all’hotel Alpi sale una trentina di passeggeri; mentre le porte si chiudono arriva di corsa una ragazza: «Ho perso il treno, andate a Venezia?». Parla anche tedesco e il secondo autista Dirk (che ha appena scambiato il volante con Michael) le vende il biglietto; sollevata, la giovane si guarda attorno e, nel riporre il ticket esclama «Ma siete tedeschi! Pensavo foste rumeni». Si parte puntuali, il bagno è impeccabile, Trento e Verona scorrono veloci senza stop.

Ore 13.40. Sulla fermata di Padova meglio tacere (vedi pag. 27); Dirk assiste poi Michael con l’aiuto del satellitare per districarsi tra gli svincoli di Mestre e non saltare il check point obbligatorio per raggiungere Venezia. 
Pagati gli 80 euro di pedaggio il FlixBus 491 scivola lungo il ponte della Libertà, schiaffeggiato dalla bora, verso il terminal del Tronchetto. Le porte si aprono alle 14.30, 5 minuti prima delle 7 ore e 25 previste: solo i kazaki non fanno una piega per il vento ghiacciato col quale Venezia ci accoglie.