di Tino Mantarro | Foto di Michele Morosi
La storia della Romea Strata, un antico percorso medievale, che dal confine orientale portava fino a Roma e oggi rinasce graze all'impegno di un prete-pellegrino
Questa è la storia di un’intuizione. Che tutte le strade portino a Roma è risaputo. È un detto antico che pare abbia un equivalente in ogni lingua. Sentieri di storia, le strade sono corpi vivi che segnano il paesaggio e lo modellano. Definiscono le funzioni di un territorio, creano frizioni, stringono legami. Come ogni corpo vivo nascono, prosperano e alle volte muoiono. La Romea Strata, lo dice il nome, è una strada che porta a Roma, nata grazie a un’intuizione.
Il merito è di don Raimondo Sinibaldi, prete dall’eloquio travolgente, di cui tutto diresti fuorché che sia un gran camminatore. Salvo poi imbatterti nella sua biblioteca con centinaia di volumi su pellegrini e pellegrinaggi che spazia dall’antichità classica fino al Giappone, e confrontarti con la sua visione chiara e assai concreta di quel che vuole fare: costruire un nuovo cammino verso Roma. «Tutti conoscono il cammino di Santiago. Ma non era certo l’unico cammino medievale. Anche qui nel Triveneto transitavano tante vie di pellegrinaggio. Erano dirette a Venezia, punto di imbarco verso Gerusalemme, e a Roma. Ci siamo detti: mettiamoci il naso e capiamo» spiega seduto alla scrivania dell’ufficio pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza che dirige. Per un uomo di cultura metterci il naso significa convocare un convegno, nel 2013, con storici, sacerdoti e chiunque fosse in qualche modo coinvolto nei cammni. «La riscoperta deve partire dai luoghi storici perché non puoi inventarti del tutto le cose: le vie Romee arrivavano dal mondo slavo e germanico, convergevano su Aquileia e scendevano verso la tomba di Pietro. Questo era un imbuto: chi veniva da Est passava per forza da qui» dice. Così, accertato che l’intuizione avesse solide basi storiche, ha disegnato la Romea Strata, che prima non c’era e adesso c’è.
il passo successivo è stato contattare chi conosce davvero il territorio e fotografare la situazione. «Fin dall’inizio abbiamo pensato di recuperare solo i tracciati che sono realmente percorribili, anche a costo di allungare la strada. Non è epoca di costruire cose nuove, piuttosto di valorizzare l’esistente» spiega Luisa dal Prà, geologa, colei che fisicamente ha percorso e mappato con il gps la Romea Strata con i suoi mille rivoli. Perché, a differenza della Francigena, che segue il percorso descritto dalle cronache dell’arcivescovo Sigerico, la Romea Strata non è un unico cammino. «Le Romee di questa zona erano un’alberatura con quattro ingressi verso l’Italia. Un fascio di vie – Alemagna, Aquileiense – che convergeva verso la Francigena innestandosi a San Miniato, in Toscana. Le antiche vie non erano autostrade, ma itinerari che si spostavano nel tempo, anche di stagione in stagione. C’erano punti fermi, come ospitali per pellegrini e qualche ponte, ma tutto era soggetto a cambiamento, incaponirsi su un unico tracciato non avrebbe avuto senso».
Così, con certosina pazienza, Luisa ha percorso a piedi e in bicicletta i vari affluenti di quest’idea, verificando che le strade individuate sulle mappe fossero effettivamente percorribili. «In quella fase era fondamentale accertare che non ci fossero cancelli, proprietà private e altri impedimenti che bloccassero il cammino e tutto fosse realmente in sicurezza» spiega. Il passo successivo è stato di carattere burocratico. «Abbiamo contattato tutti i Comuni coinvolti affinché facessero una delibera in cui si riconosce che in quel tratto del loro territorio passa la Romea Strata» prosegue Luisa. Un lavoro delicato, costato innumerevoli riunioni dal Friuli alla Toscana, per spiegare che cosa sia la Romea e che cosa veniva loro richiesto. Tutto molto concreto e organizzato. Sarà stata per la capacità dialettica di don Raimondo, o per una concretezza molto diffusa in queste zone, ma tranne due tutti i sindaci hanno deliberato. Nel mentre la Regione Veneto ha indicato il progetto come strategico per lo sviluppo turistico. Anche perché il turismo religioso ha ottimi numeri, e quella dei cammini è la tendenza del momento. Ma non è questione di mode, quanto di prospettive e capacità di immaginare il futuro legandosi al passato. «Bisogna per forza agganciarsi ad altri percorsi esistenti, ma anche a vie che arrivano dall’estero in modo da raccogliere pellegrini da oltre confine e donare a queste strade una dimensione europea, che poi è quella che avevano». E tra Austria, Repubblica Ceca e Croazia qualcosa si sta già muovendo.
Costruita l’intelaiatura si è trattato di dare polpa a questo scheletro viario. Ovvero individuare sul territorio le strutture che potessero offrire accoglienza e segnalare i punti di interesse storico e artistico. Ostelli, sagrestie, locande, case vacanze per scout: sono stati coinvolti tutti. «E tutti hanno risposto con un entusiasmo che non ci aspettavamo» spiega don Raimondo. «Piano piano la mappa si è colorata di bandierine che potevano diventare tappe del cammino». In mezzo davvero di tutto. C’è padre Martini, francescano 90enne che gestisce un monastero a Monselice (Pd) con 20 posti letto. «Fino al 1620 era uno xenodochio, un ospizio nel quale si ospitavano gratuitamente forestieri e pellegrini e adesso ha ritrovato la sua funzione» spiega. Oppure don Renzo, di Sossano (Vi), che mette a disposizione la canonica e va assai fiero della riscoperta di S. Teobaldo di Provins, che casca proprio a pennello con la Romea Strata. Un santo che incarna lo spirito del pellegrino. «È un santo che si è perso via – spiega don Renzo –. Nell’XI secolo andava pellegrino in Terrasanta ma non riuscì a partire, e qui si fermò per 9 anni aprendo un hospitale e una comunità monastica». Ecco, lo spirito della Romea per ora è abbastanza quello di S. Teobaldo: gente che si dà da fare perché sente che è una buona idea. In prevalenza appartengono al mondo ecclesiastico anche perché, grazie alle parole del Papa, è in corso la riscoperta del significato del pellegrinaggio. Ma anche i laici iniziano ad affiancarsi al cammino.
Spesso le cose iniziano per caso. «Una volta mi chiama il sindaco di Ficarolo. Fa: “Sandokan c’è un pellegrino, Francesco, che vuole passare in barca oltre il Po. Lo prendi?” L’abbiamo preso, ospitato a cena, fatto dormire in barca e il mattino portato di là». Da allora Sandokan, perché qui Stefano tutti lo conoscono così, è diventato il Caronte della Romea. Diversi mesi l’anno vive sulla sua chiatta ancorata in quel punto del Po dove le province di Rovigo, Ferrara e Mantova quasi si toccano. Di tanto in tanto traghetta i pochi pellegrini che già passavano. «Li porto dall’altro lato, a Stellata di Bondeno (Fe). Ci sarebbe anche il ponte: però passare il Po in barca è tutta un’altra cosa» sorride. Come dargli torto? Ed è tutta un’altra cosa anche sostare all’abbazia di Carceri (Pd).
«Dormire tra le mura di un’abbazia dell’XI secolo, con l’atmosfera silenziosa che si respira, la messa al mattino, l’idea che stai camminando lungo un antico solco è un’esperienza particolare» spiega don Riccardo. «Un conto è dormire in un altro luogo, che ti dimentichi a colazione finita, un conto è svegliarsi qui e guardare i campi che si perdono lì in fondo, fino a filari di alberi che segnano il confine». Per ora hanno un ostello in autogestione, una decina di posti letto e una cucina per chi la vuole usare. I pellegrini si contano sulle dita di una mano, ma siamo solo all’inizio. Ne è convinta anche Alice Cavatton, che cura il Museo dei Cammini all’interno dell’ex monastero di S. Salvaro, a Urbana (Pd). «La Romea è un embrione da sviluppare», dice. Lei fa parte di un’associazione di guide turistiche del basso Padovano che si occupa anche dell’ostello da 24 posti ricavato nel monastero. Pellegrini non se ne sono visti, ma loro si stanno attrezzando. «Stiamo approntando servizi specifici per loro: colazioni, merende al sacco. Non solo per chi ha intenzione di percorrerla tutta, ma anche per chi si limita a due, tre giorni sul territorio. E questi iniziano a vedersi» spiega Alice. «Per ora c’è qualcuno che si mette in cammino, ma sono pionieri» chiosa don Raimondo. «Però confidiamo in un aumento: l’essenza dell’essere uomo è sentirsi in cammino. La strada rimette gli uomini in relazione con gli altri, con se stessi, con la natura, con il proprio fisico e con Dio. Apre nuove prospettive e nuove frontiere: nel senso globale del termine, non solo religioso» spiega. «Il viaggiatore assennato si sposta esclusivamente con l’immaginazione» diceva Somerset Maugham. Possibile. Oppure inizia a frequentare vie meno battute, che portano sempre a Roma.
Info: Informazioni e i tracciati gps della Romea Strata sul sito www.romeastrata.it.