Val Vigezzo. (Pro)fumo di cielo

Non sarà “allegro e felice, pensieri non ha” come cantava in “Mary Poppins”, ma una visita Santa Maria Maggiore, il paese piemontese degli spazzacamini (e dei pittori), è l’occasione ideale per scoprire una valle piena di sorprese (e di essenze)

Se uno spazzacamino porta fortuna, quanta fortuna portano 1.224 spazzacamini tutti insieme? È la domanda che sorge spontanea nel vedere sfilare per le vie di Santa Maria Maggiore (Vb), in valle Vigezzo, la parata di uomini in nero – la divisa prevede giacca a doppio petto con bottoni d’ottone stretta in vita da una cintura per non impigliarsi nelle sporgenze, fazzoletto colorato al collo e cilindro – giunti da 26 nazioni, Giappone compreso. Li accompagnano, applauditi dagli oltre 30 mila spettatori che accorrono per il raduno internazionale degli spazzacamini dei primi di settembre, gruppi di bambini col viso annerito e il copricapo a tazza (il caparüscia per proteggersi dalla cenere) che distribuiscono caramelle e sbuffi di fuliggine, alternativamente. Una nota spontanea di allegria che, con la carica dei personaggi in abiti del primo Novecento, contribuisce ad addolcire il ricordo delle storie di emigrazione e lavoro minorile legate al mestiere.

Perché poi lo spazzacamino porterebbe fortuna, visto che la sua figura – l’uomo nero – da sempre è lo spauracchio dei più piccoli? Chiederselo apre la porta di un mondo ben illustrato nel raccolto Museo dello Spazzacamino, a pochi passi dalla parata. Riguardo al ruolo di portafortuna, la tesi forse più originale è quella francofona: nel pulire le canne fumarie del Louvre, uno spazzacamino avrebbe udito per caso le voci di un gruppo di cortigiani intenti a ordire una congiura contro Luigi XIII. E il sovrano, per la scampata malasorte, l’avrebbe coperto di ricompense e onori.

Il risvolto curioso è che, in un mondo digitalizzato, il mestiere dello spazzacamino non è certo andato in pensione. «Ci riuniamo qui perché, secoli fa, sono stati gli emigranti vigezzini i primi spazzacamini – sottolinea Francesca Carnati, unico “maestro della fuliggine” donna che quest’anno ha guidato la delegazione italiana accompagnata dalle figlie di 8 e 10 anni – e lo facciamo con gli abiti della tradizione. Ma sia chiaro che pur col diffondersi dei rivestimenti in inox, la pulizia dei camini resta fondamentale per la sicurezza antincendio. Certo, oggi dopo avere usato scovoli e ricci, per essere sicura che la canna fumaria non abbia crepe o danni, mi aiuto con una videoispezione tramite telecamera digitale».

Quanto al fatto di una mamma arrampicata sui tetti a pulire camini, la trentenne brianzola non ha dubbi: «È vero che i primi passi li ho fatti sulla scia della passione di mio marito. Però ho studiato duro per saper operare in piena sicurezza  e, alla fine, lavoro solo un piano più in alto di tante altre mamme che sono negli uffici o nei negozi. Forse con maggiore soddisfazione».
 

Allungata tra Domodossola e il Locarnese, a nord del Parco nazionale della Val Grande e del lago Maggiore, la valle Vigezzo ha una tradizione di emigrazione più che secolare. Non solo per gli spazzacamini: il soprannome di Valle dei Pittori allude di certo alla bellezza del paesaggio di una vallata dall’ampio respiro, ma soprattutto fa memoria della tradizione dei ritrattisti vigezzini. A metà dell’Ottocento, prima del diffondersi della fotografia, in valle si contavano più di sessanta scuole di pittura e i giovani di maggior talento trovavano fortuna all’estero, principalmente in Francia. Come documentano le collezioni della pinacoteca Rossetti Valentini a Santa Maria Maggiore.

Proprio Santa Maria Maggiore, storico capoluogo della valle Vigezzo, stupisce il visitatore per l’inattesa presenza di grandi ville con parco otto-novecentesche di stile alpino, in contrasto con l’atmosfera più rusticamente montana degli altri borghi vigezzini. Un tocco di raffinatezza sottolineato dalla Casa del profumo in corso di allestimento di fronte al Municipio: celebra le fortune del vigezzino Giovanni Paolo Feminis, inventore dell’essenza lenitiva Acqua Mirabilis la cui efficacia fu riconosciuta dall’università di Colonia nel 1727 per diventare poi la celebre Acqua di Colonia. La tradizione di accoglienza di qualità e la cura del centro storico sono valse fin dal 2007 sia al capoluogo sia alla vicina e raccolta Malesco, mosaico di strade lastricate e storiche case in pietra dominato dall’isolata parrocchiale barocca, l’attribuzione della Bandiera arancione, il marchio di eccellenza turistico-ambientale del Tci.

 

Provvede a cucire il tessuto chiazzato di boschi di castagni della valle Vigezzo un’infrastruttura prossima al secolo di vita: è dal 1923, infatti, che i 52 chilometri tra Domodossola e Locarno sono percorsi dai binari della Vigezzina, ferrovia elettrica a scartamento ridotto che attira viaggiatori da tutto il mondo non solo perché rappresenta il collegamento più rapido tra quel settore del Ticino e Berna, ma anche per l’andamento a tornanti nella salita tra i vigneti da Masera a Santa Maria Maggiore come per gli spettacolari scorci sulle cascate offerti dai viadotti in curva lungo i 600 metri di dislivello della discesa verso il lago Maggiore e Locarno. 

Grazie alla vicinanza con le grandi città – Milano è a poco più di un’ora e mezza d’autostrada – la valle Vigezzo è meta di sportivi in tutte le stagioni: d’estate per le escursioni nel Parco nazionale della Val Grande e lungo la rete di 15 percorsi ciclopedonali disponibili (combinabili col treno per i meno allenati); d’inverno, la scelta è tra gli anelli per lo sci di fondo a Santa Maria Maggiore e in valle Loana (sopra Malesco) e i 20 chilometri di piste di discesa serviti dagli impianti di Piana di Vigezzo. Il primo motivo d’interesse, frutto oggi positivo della dolorosa storia d’emigrazione, resta comunque quello della ricchezza del patrimonio culturale. Che si tratti degli affreschi novecenteschi della modesta Cappella dell’Addio alle porte di Druogno, davanti alla quale i piccoli rüsca (spazzacamini), e non solo loro, abbracciavano per l’ultima volta i loro cari prima di andare a lavorare lontano, o della Piazza dei Miracoli di Craveggia.

Un’etichetta forse un po’ sopra le righe, legata alla posizione centrale e isolata del battistero, come a Pisa, che attira però l’attenzione dei visitatori a beneficio dei begli affreschi del pittore settecentesco vigezzino Lorenzo Peretti. Come non può sfuggire, anche al più distratto, la grandiosa mole neobizantina del santuario di Re (ma magnifici sono gli storici ex voto conservati nel museo). E nell’elenco delle tappe da non perdere, ampliabile a piacere, ecco anche un raro forno comunitario nel borgo alpino di Toceno e la collezione di una decina di meridiane che orna le facciate delle case di Villette.

Foto di Susy Mezzanotte