di Mariateresa Montaruli | Fotografie di Vittorio Sciosia
La ciclostorica più nota in Italia è partita dal Chianti per andare alla conquista del mondo. Tra bici e abbigliamento vintage, ecco gli itinerari segnalati, dove pedalare tutti i giorni
Il diktat dell’Eroica, la ciclostorica più conosciuta al mondo, è che la bicicletta deve essere vintage, costruita prima del 1987: il telaio d’acciaio, le leve del cambio sul tubo obliquo, i fili dei freni esterni al manubrio. E l’abbigliamento deve essere coerente all’età della bicicletta. La mia, da corsa e verde lime, trovata abbandonata in una notte d’inverno, è del 1975, il decennio dei pantaloni a zampa di elefante e delle gonne a trapezio, entrambi improbabili nella convivenza con raggi e sella. Per diventare eroica, ho dovuto studiare: ho guardato Lauren Hutton per i cappelli, Ali MacGraw per le gonne, Diane Keaton per i pull, Mina per l’eyeliner. E ho dovuto allenarmi a cambiare con le leve manuali sul tubo obliquo della bicicletta. L’Eroica, un nome ispirato a quel ciclismo da eroi che macinava chilometri, fatica e polvere, è una corsa non competitiva su cinque percorsi a scelta che si svolge, ogni prima domenica di ottobre, sulle strade in parte bianche del Chianti. È anche un rituale: la ricerca della bici, la maglia di lana cercata, la gamba da allenare su qualche salita d’argilla. L’idea è andare in bicicletta come un tempo, come Coppi e Bartali, o come Alfonsina Strada, l’unica donna, figlia di contadini analfabeti, che nel 1924 sfidò il comune senso del pudore partecipando, in maglia e calzoni, al Giro d’Italia. la strampalata e straordinaria idea dell’Eroica di Gaiole, ormai replicata a Montalcino in primavera, in Inghilterra, Giappone, Limburgo, Rioja, California, Sudafrica e Uruguay, è nata nel ’97, tra le chiacchiere al Barrino, il bar piccolo di Gaiole in Chianti, e dalla vivida fantasia del medico-e-bassista-per-un-giorno Giancarlo Brocci. Solo la bicicletta poteva arrestare l’avanzata dell’asfalto e l’estinzione delle strade bianche. Ci voleva una manifestazione ciclistica come cura. Una visione intrecciata a borracce ammaccate, camere d’aria indossate a mo’ di bretelle, maglie di lana con la zip corta, lumini a candela per segnare la strada. Un’idea valoriale, la salvaguardia del paesaggio toscano, unitasi alla buona onda del vintage.
Con un costume da bagno intero, stampato con i motivi geometrici anni ’70, per niente sgambato e chiuso da una zip fin sotto il mento, i calzettoni neri al ginocchio e le scarpe alla parigina con i laccetti, sono partita per la mia prima Eroica. Il ricordo è limpido. Ore 8.29: comincia a piovere. Ore 8.30: partenza. Solo asfalto fino al bivio per il castello di Brolio ancora illuminato dalle fiaccole accese per chi, per i percorsi più lunghi, è partito all’alba. Dopo Brolio, la strada scende in un panorama che pare giottesco: vigneti pettinati, boschi di lecci, fughe prospettiche, cipressi e colline di argilla. E comincia a chiazzarsi di pozze, rivoli e fango. La polvere sale fin negli occhi, l’acqua si acquatta giù nelle scarpe. Ho dovuto nascondere la mia mise anni ’70 con una giacca. Ma è come non averla. Il cartello Vagliagli che annuncia una salita che so essere lunga mi fa sprofondare nello sconforto. Che ci faccio io qui? Cerco un motivo per non mollare: in fin dei conti le gambe non sono stanche, la pancia non è ancora bagnata, non ho forato e la bicicletta verde riesce a evitare le buche più fangose. Ero fradicia e infreddolita, ma ho tenuto il cuore positivo. A Dievole, nella fattoria di vino e olio che organizzava, con le locandiere in costume, sotto una stalla, il ristoro, ho divorato le bruschette e bevuto vino come se fosse acqua. Un improvviso squarcio di sole tra le nebbie basse ha acceso il giallo-oro dei vigneti. Ha smesso di piovere. Mentre scrivo, lancio un’occhiata alla bicicletta verde, qui davanti a me, in casa. Una macchia di fango incrostata sulla borsa di cuoio sotto sella mi rimanda a quei giorni. Credo che non la pulirò mai.
Eroica: istruzioni per l’uso
Cinque percorsi a scelta – 46, 75, 115, 135 e 209 chilometri –, seimila partecipanti provenienti da oltre 50 Paesi, fin dalla Nuova Zelanda, sullo sfondo della geometria ininterrotta delle colline del Chianti, la val d’Orcia e le Crete Senesi. Quale sia il tracciato, l’Eroica parte sempre da Gaiole in Chianti, sul torrente Massellone, storico mercato diventato il borgo del ciclismo eroico. Le vecchie Cantine Ricasoli sono, durante l’Eroica, il suo cuore pulsante: con il mercatino vintage, il caffè, il teatro per le presentazioni, l’esposizione dei numeri dei pettorali. Per chi non monta in bici, Gaiole è il punto di partenza per raggiungere la Pieve di Spaltenna, il fortificato borgo intorno al castello di Vertine, l’azienda agricola ex monastero di Badia a Coltibuono e l’Eroica Caffè inaugurato lo scorso maggio nei pressi dell’Enoteca della Barone Ricasoli, sotto il castello di Brolio di origine longobarda (ricasoli.it). Il castello di Ama, poco lontano, offre ospitalità, vini d’eccellenza e installazioni di arte contemporanea – tra i tanti, Pistoletto, Anish Kapoor, Daniel Buren, Louise Bourgeois – invitati in loco da Lorenza Sebasti e Marco Pallanti (castellodiama.com). La salita tra i cipressi di Brolio, comune ai quattro percorsi, con la sua discesa tra i vigneti, è già un piccolo distillato di quel che sarà. Con mura di cinta e stretti vicoli medievali, Radda in Chianti si trasforma, per l’occasione, in un borgo d’altri tempi, con il popolo dei volontari in costume che offre, all’entrata del paese, ristoro e assistenza. Lo stesso farà “il” Cecchini a Panzano (dariocecchini.com), celeberrimo ristoratore-salumiere-macellaio. Il casale della Fattoria di Lamole, vicino al poggio di Volpaia, sul tracciato dei 75 chilometri, è noto per la sua ribollita.
Nei 135 chilometri si parte all’alba, con la vista delle torri di Siena all’orizzonte, colta da Brolio. Ecco poi Murlo con il Museo Antiquarium di Poggio Civitate, circondato da colline boschive sul versante del fiume Merse, verso la Maremma grossetana, e dalle più morbide Crete Senesi in direzione del fiume Arbia. Pare che la gente del borgo abbia mantenuto caretteristiche genetiche etrusche. Le Crete di Asciano annunciano lo spauracchio dei ciclisti: la salita del monte Sante Marie. Qui, i vigneti pettinati sfumano in un paesaggio più vario che vede protagonista il colore della Terra di Siena, intrecciandosi talvolta con il percorso della Via Francigena, anch’essa ben segnalata da cartelli e indicazioni lungo il cammino. Solo per veri eroici, i 209 chilometri hanno nella salita verso Montalcino da Castiglion del Bosco, tappa del Giro d’Italia 2010, uno dei punti cospicui e più difficili. Il paesaggio è meraviglioso: una strada bianca taglia un anfiteatro di boschi di lecci, una macchia verde che scioglie la geometria argillosa della val d’Orcia. All’apice della salita, un borgo trasformato in relais del vino, con golf e cantina, che pare “galleggiare” a 340 metri di altitudine, con una rocca altomedievale e una chiesetta del 1300 (castigliondelbosco.com). Attraverso Pieve a Salti si ritorna verso Buonconvento, per ritrovare poi Asciano, Castelnuovo Berardenga al confine con le Crete Senesi e Radda. Tappe da ritrovare, in qualsiasi momento dell’anno, con tranquillità, sul percorso permanente dell’Eroica, ben segnalato, corrispondente al tracciato più lungo.