di Vittorio Giannella | Foto di Vittorio Giannella
Ieri fronte italo-austriaco della Grande Guerra, oggi area di produzione del prosecco superiore docg Conegliano Valdobbiadene. Viaggio nella Marca trevigiana che coniugando storia, arte e tradizione vinicola vuole diventare Patrimonio dell’umanità Unesco
Un invito a percorrere i 120 chilometri della Strada del Prosecco, la prima Strada del vino in Italia, pensata dal 1966 per segnalare luoghi di interesse enogastronomico e per unire sedi della cultura del vino. Un percorso tutto da ammirare che si snoda in questo lembo di Veneto dall’orizzonte mosso, che ha il respiro, i colori, gli aromi dei vigneti, che lasciano stupefatti a ogni curva.
«Un paesaggio culturale, ossia un sito che è originato dalla combinata attività di uomo e natura. Un paesaggio inteso non come un panorama o una bella cartolina, ma come la capacità della popolazione di realizzare, gestire e far evolvere in modo armonico i propri luoghi realizzando benessere, identità comune». Questa la motivazione della candidatura, giunta ormai alla fase finale, delle colline di Conegliano e Valdobbiadene a Patrimonio mondiale dell’umanità Unesco. Un’area dall’anima agricola ma con un tocco di nobiltà che si percepisce nelle sue splendide ville, che comprende 15 Comuni immersi in 6.578 ettari di vigneti che producono prosecco superiore docg, il più consumato al mondo, e un fazzoletto di terra di soli 106 ettari, coltivati attorno a Valdobbiadene, nelle frazioni San Pietro di Barbozza, Saccol e Santo Stefano, esclusivamente per produrre un milione di bottiglie del pregiato cartizze, un vanto italiano riconosciuto in tutto il mondo.
«Il vino è la poesia della terra, della sua terra» amava dire Mario Soldati, e l’Alta Marca Trevigiana offre un ventaglio di etichette amplissimo. Come una grande vena, il Piave, il “fiume sacro alla patria”, prima stretto tra le Prealpi, si trasforma in un enorme alveo bianco di sassi levigati, ed è qui che si è fatta la Storia d’Italia con la Grande Guerra, che spazzò via vite, paesi e anche le rigogliose vigne. Qui a Montagnola era posizionato il punto di controllo dell’esercito austro-ungarico: che dall’alto fruiva di una visuale perfetta sulla linea del fronte lungo il Piave, testimoniato da gallerie e trincee, oggi è un museo all’aperto e un cippo marmoreo che ricorda il valore del comandante Francesco Tonolini e dei suoi soldati, morti eroicamente sui ghiaioni del fiume.
Idealmente proprio da Valdobbiadene parte la Strada del Prosecco, ma prima bisogna godere delle opere d’arte conservate nel Duomo, poi visitare la bella villa dei Cedri, sede ogni anno della Mostra nazionale degli spumanti, e per riprendere gli zuccheri persi nella visita del grande giardino, proprio di fronte, merita una sosta golosa la pasticceria omonima, pluripremiata per il suo cioccolato.
La Strada del Prosecco si srotola in una sorta di anfiteatro naturale sovrastato dalle Prealpi fino a Conegliano, un paesaggio di boschi, corsi d’acqua, piccoli borghi e vigneti punteggiati di rustici e casali, castelli e abbazie, un territorio votato alla viticoltura, dove nelle osterie c’è voglia di chiacchierare con gli amici, in mano un bicchiere pieno di bollicine. Uno spicchio di Veneto che appaga chi ama l’arte o chi ricerca cantine, chi ama passeggiare nelle viuzze dei piccoli borghi, ma quando si tratta di mettersi a tavola è facile trovarsi tutti d’accordo.
Percorrendo il reticolo di stradine attorno a Valdobbiadene si arriva a San Pietro di Barbozza dove, nella piccola piazzetta, colpiscono l’attenzione varie sculture ricavate dalle pietre levigate di fiume. L’autore è Zoe, un arzillo ottantenne che per diletto raccoglie pietre dal Piave e le scolpisce per regalarle a chiunque passi di là a salutarlo. In paese poi si può visitare la cella vinaria affrescata, sede della Confraternita del Prosecco, dove, dal 1946, si riuniscono i 130 confratelli scelti tra enologi e personalità del mondo vitivinicolo, con un obiettivo: valorizzare la produzione del prosecco superiore docg ed eleggere la migliore bottiglia dell’anno.
Il tratto di strada che da San Pietro di Barbozza porta a Combai regala alcuni tra i panorami più belli delle colline del prosecco: con le diverse luci, a ogni curva offre spunti fotografici o per dipingere. Dove non arriva più la vite, cominciano i boschi di castagno. Da lì a poco si raggiunge Follina, nota per l’abbazia cistercense del XII secolo, luogo dell’anima, di preghiera e vita spirituale, che da qualche mese può anche ospitare i pellegrini. Nella penombra del chiostro, le colonne, adornate da capitelli scolpiti, recano simboli che per secoli sono stati segni di fede, con al centro la bella fontana a base ottagonale. «Il silenzio è come un bagno benefico per il nostro spirito – spiega padre Marco –; come il corpo, anche l’anima necessita di pulizia e il silenzio è il miglior detergente».
Segno evidente di un’antica civiltà rurale si ritrova al Molinetto della Croda, vicino Refrontolo, un mulino mosso dalle acque del torrente Lierza che macina ancora a pietra: dalla farina ricavata, si ottengono focacce e polenta che accompagna i tipici spiedi dell’Alta Langa, innaffiati sì dal prosecco, ma anche dall’autoctono e aromatico refrontolo passito.
Un salto lì vicino per vedere il borgo di Rolle, posto tra declivi di colline e vigne. «Una cartolina mandata dagli dei» la definiva il poeta Andrea Zanzotto. La fitta rete di sentieri e stradine di queste colline consente di raggiungere facilmente le numerose cantine e le chiesette sparse tra i vigneti, come
S. Vigilio a Col San Martino, inconfondibile col suo grande orologio e al cui interno si possono ammirare pregevoli affreschi. Proseguendo verso Conegliano si arriva a San Pietro di Feletto noto per la pieve in stile romanico dell’XI secolo finemente affrescata all’interno, e per il Cristo della domenica, visibile sulla facciata esterna che raffigura un Gesù sanguinante per l’uso di strumenti da lavoro: un monito per chi all’epoca lavorava anche nel giorno di festa, consacrato al riposo. Tutto intorno vigneti, non solo prosecco superiore ma anche chardonnay, cabernet, marzemino.
Nemmeno il tempo di tirare il fiato ed eccoci a Conegliano, con le sue antiche mura che proteggono il castello edificato tra il XII e il XIV secolo, raggiungibile con una breve scalinata dalla centrale piazza Cima da Conegliano, dedicata al grande pittore del Quattrocento che nel Duomo della sua città natale lascia un’unica e straordinaria opera, una Madonna in trono col Bambino fra angeli e santi. Dal cortile del Duomo si accede alla sala dei Battuti, un ordine religioso che tra XI e XIV secolo si occupava delle persone bisognose dando loro rifugio e ristoro. Si trova sopra il Duomo e la sala presenta affreschi del Pozzoserrato e di Francesco da Milano (XVI sec.) che descrivono episodi che vanno dalla Creazione al Giudizio Universale.
Se il prosecco superiore è diventato un modello vincente nel mondo lo si deve alle generazioni di enologi formatisi nella scuola di viticoltura e di enologia di Conegliano, aperta nel 1876, la prima in Europa, voluta dall’enochimico Antonio Carpenè Malvolti, con l’ingegner Giovanni Battista Cerletti.
Da Conegliano lungo la via dei vigneti in breve tempo si arriva a Vittorio Veneto, “la città della vittoria” legata alla Grande Guerra, e per questo sede di un interessante Museo della Battaglia, dove oggetti e cimeli raccontano attraverso un percorso emozionale la vita di trincea. L’attuale città nasce dall’unione di due centri, Serravalle e Ceneda che, nel 1866 unendosi hanno dato il nome a Vittorio Veneto, che conserva il fascino e la suggestione di un antico borgo, con le vie acciottolate, la bella piazza Flaminio chiusa dalla Torre comunale e dalla Loggia serravallese del 1462. Appena defilato il Duomo, dove si può ammirare una tela del Tiziano. Da non perdere anche il piccolo oratorio di S. Lorenzo e Marco, del XV secolo, con affreschi sublimi, tra i meglio conservati in Veneto.
Il territorio del prosecco superiore Conegliano Valdobbiadene rivela subito il suo maggior pregio: la capacità di far stare bene con i suoi valori schietti, autentici. Insomma ha tutti i numeri per esaudire il proprio desiderio: diventare Patrimonio mondiale dell’umanità.