di Maria Pace Lucioli Ottieri
Il sogno dei marinai, l'incubo dello sciogliemento dell'Artico
Tra luglio e agosto del 2017, per la prima volta nella storia, una gigantesca nave cisterna carica di gas liquido, la Christophe de Margerie battente bandiera cipriota, ha attraversato l’Artico senza l’ausilio di una nave rompighiaccio e completato il viaggio dall’Europa all’Asia, la cosiddetta Northern Sea Route, in tempi record. Per andare dal porto di Hammerfest in Norvegia al porto di Boryeong in Corea del Sud la nave ha impiegato 22 giorni invece dei 32 della rotta tradizionale che, passando da Gibilterra, entra nel Mediterraneo e dal canale di Suez, oltrepassa il golfo di Aden e si avvia nell’Oceano Pacifico.
La nave, di proprietà della società pubblica russa SovComFlot è intitolata all’amministratore delegato della Total, principale azionario del terminale del gas siberiano di Yamal, scomparso in un incidente aereo in Russia nel 2016. Quest’anno la stessa nave è riuscita a passare attraverso tratti di mare di solito bloccati dai ghiacci addirittura in maggio, ben due mesi prima di quel primo storico viaggio. Lo scioglimento della calotta polare artica, sempre più accelerato, ha realizzato l’antico sogno dei naviganti di una via più breve per muoversi fra il Pacifico e l’Atlantico, la transpolare dallo stretto di Bering alle isole Svalbard, ma ci sono altre rotte che potrebbero diventare più percorribili: il passaggio a Nordest, con le sue ramificazioni, dove la Russia ha un controllo immediato degli snodi strategici e dei traffici, e il passaggio a Nordovest che interseca il labirinto dell’arcipelago canadese, con altrettante possibili diramazioni. Insieme alle rotte si aprono nuove e fino a poco tempo fa inattese possibilità di sfruttare le immense risorse del fondale polare: un quarto delle riserve petrolifere del pianeta, gas e metalli. Sull’Artico si affacciano l’Asia, l’Europa e l’America, una scena in cui nei prossimi anni l’ulteriore riscaldamento del clima potrebbe alterare tutto il sistema degli scambi commerciali dando ruoli centrali a Russia e Cina mentre l’Europa e il Mediterraneo staranno a guardare. L’immenso gap che impotenti constatiamo tra quello che dicono ormai la maggior parte degli scienziati, quello che chiede la gente nelle piazze delle città e quello che i leader del mondo si impegnano a fare, è destinato ad allargarsi perché il nuovo regime climatico non colpisce tutti gli Stati e tutti gli abitanti del Pianeta allo stesso modo.