Evergreen. Impianti inutili e dannosi

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Gli amministratori miopi e il surriscaldamento globale

Sembra che il riscaldamento globale in atto sia sconosciuto agli amministratori locali e ai politici che governano il territorio, altrimenti sarebbe inspiegabile la nuova corsa agli impianti di risalita che sembra percorrere la Penisola anche al di fuori dell’arco alpino. Il 2020 è stato l’anno più caldo da quando l’uomo effettua misurazioni dirette della temperatura atmosferica. E viene dopo un 2019 che era già stato il più caldo in precedenza. In un decennio che è stato il più caldo di sempre, confermando una tendenza all’aumento delle temperature atmosferiche che non ha precedenti nella storia moderna dei Sapiens. Per fortuna oggi nessuno nega più il cambiamento climatico e sono rimasti solo alcuni sparuti ricercatori a nutrire dubbi sul ruolo dell’uomo (per l’esattezza, circa lo 0,05 per cento): il clima sta cambiando in maniera accelerata e anomala rispetto al passato a causa delle attività produttive dell’uomo. La produzione di energia, il riscaldamento e il raffrescamento domestico, i trasporti e la produzione di cibo sono ancora in gran parte dipendenti dai combustibili fossili, mentre tutti gli scienziati indicano nell’azzeramento delle emissioni clima-alteranti l’unica possibilità di intervenire ancora sulle cause del surriscaldamento. La situazione però è talmente critica che, se pure azzerassimo oggi stesso ogni emissione clima-alterante tutti insieme, ci vorrebbe mezzo secolo perché la temperatura dell’atmosfera ritorni ai livelli di oggi, senza continuare invece a crescere. Come a dire che l’atmosfera ha un’inerzia talmente alta che è difficile fermare la macchina termica così lanciata verso l’innalzamento.

In tutto questo ci sono alcuni amministratori e cittadini asserragliati come i famosi ultimi giapponesi dopo la fine della guerra che fanno orecchie da mercante e spingono per costruire ancora infrastrutture e impianti di risalita nelle Alpi e addirittura anche in Appennino. In provincia di Rieti uno degli ultimi luoghi intatti è il Monte Terminillo che, con i suoi oltre 2200 metri, è un vero bastione di integrità ambientale, frequentato quasi esclusivamente dai laziali forse per un mese complessivo d’inverno e altrettanto d’estate (ne parliamo anche nel reportage dedicato in questo numero). Già in queste condizioni non si vede a cosa possano servire nuovi impianti, ma con il cambiamento climatico in atto c’è il rischio che la neve invernale non copra più abbondantemente il Terminillo (come invece sta facendo quest’anno), visto che l’ultimo ghiacciaio dell’Appennino centro-meridionale si è già estinto da qualche anno. Le stesse Olimpiadi invernali di ­­Milano e Cortina rischiano di tenersi su esili strisce innevate in mezzo a panorami grigi e rocciosi. Infine, per costruire questi impianti si dovrebbero abbattere dai 12 ai 17 ettari di faggete secolari: uno sce­mpio ambientale che non potrà essere perdonato dalle generazioni future. E che certo allontanerà il turismo di coloro che ormai pretendono un bollino blu di qualità ambientale per rimanere a lungo e ritornare.

 

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