Bellano, tra gli umori del lago di Como

Passeggiando con Andrea Vitali nel borgo Bandiera Arancione Tci dove lo scrittore vive e ambienta storie e personaggi dei suoi romanzi

«Così i due erano usciti solo dopo cena, sorridenti e soddisfatti, camminando lenti dapprima lungo il molo, addentrandosi nel vecchio nucleo del paese in via Manzoni per poi sbucare in piazza della chiesa, sfilando lungo le imponenti mura di pietra di Moltrasio del cotonificio, proseguendo sul ponte che attraversa il fiume e quindi svoltando verso il lago e riprendendo la strada verso casa»

“I due” sono il maresciallo Ernesto Maccadò e la moglie descritti durante una passeggiata nel cuore di Bellano. Perché se il maresciallo Maccadò, calabrese, è uno dei più felici personaggi dei romanzi di Andrea Vitali, è proprio la cittadina di Bellano, assieme al lago di Como, ramo lecchese, la vera protagonista dei suoi libri. Oggi, dopo la scomparsa dell’altro Andrea – Camilleri –, Vitali è forse lo scrittore più prolifico e venduto d’Italia. Quest’estate è uscito il suo ultimo libro Un bello scherzo, sempre con protagonista il maresciallo calabrese, e per questa occasione gli abbiamo chiesto di accompagnarci in una visita nella sua adorata cittadina, che è anche Bandiera Arancione Tci. Vitali è medico. Ha seguito la condotta di Bellano per venticinque anni prima di ritirarsi, una decina d’anni fa. Ma in occasione del Covid è ritornato al suo antico lavoro per sostituire alcuni colleghi impegnati sul fronte dell’epidemia. Primo di sei tra fratelli e sorelle, figlio di un impiegato comunale, Andrea Vitali rimane orfano a soli 17 anni. Il padre si rivolge alle sue tre sorelle – senza figli – per essere aiutato a crescere i ragazzi. Nasce così dolorosamente quell’universo familiare che Vitali rifletterà sempre nella stesura dei suoi romanzi. La figura di zia Rosina – protagonista di uno dei romanzi più fortunati, La figlia del podestà – conferma la dedizione dello scrittore per le sue guide femminili.

Lo incontro alla stazione di “Bellano-Tartavalle Terme” (la dicitura completa) che dista poco più di un’ora di treno da Milano. L’autore somiglia ai suoi libri: garbato, misurato, ironico, curioso. Durante il nostro giro, che si svolge di sabato, giorno di mercato, ci fermano spesso amici, pazienti, ammirati lettori dei suoi libri. Quanti ne ha scritti? «Non lo so, più di cinquanta certamente». Come ha cominciato? «Avrei voluto fare il giornalista. Fin da giovanissimo avevo una passione per la scrittura, ma mio padre fu irremovibile: studierai medicina. E fu una fortuna, sarei stato un giornalista mediocre». Ma il pallino per lo scrivere non l’ha abbandonato. «Mai. Anche nei momenti più duri, durante gli studi e agli inizi della carriera, mi sono sempre ritagliato un angolino da dedicare alla mia prima passione».

Nel 1990, a 34 anni, Vitali pubblica il suo primo libro, Il procuratore, che non parla però di giudici e tribunali, ma di un uomo che procura le donne, un personaggio realmente esistito la cui vicenda Vitali ascolta dal padre. È così che lavora? «No, dopo il caso del procuratore non ho più raccontato fatti veri. Certo questo è un paese, ascolto con curiosità racconti, aneddoti e leggende che spesso in qualche modo finiscono nei miei libri. Frequento assiduamente l’Archivio storico e consulto spesso le raccolte dei giornali, tengo molto alla precisione della ricostruzione storica». Perché i suoi libri sono ambientati nel passato, molti in epoca fascista? «È sempre per via del paese. Non voglio che qualcuno possa cercare riferimenti a fatti e personaggi realmente esistiti. Ambientare le storie nel passato mi concede maggiore libertà. Il fascismo poi sembra un episodio ormai lontanissimo, per fortuna, ma ci trovo tante analogie con il presente...». Sorride il dottor Vitali, quasi sornione. Poi c’è l’onomastica. Dall’ultimo volume, alcuni protagonisti: Saporina Avventati, Amedeo Cannibale, Fiamma Rovente, Omario Consiglio, Fiorentino Crispini... «Be’ questo è un gran divertimento. Sto sempre all’erta per trovare nomi bizzarri, talvolta li trovo anche tra le indicazioni stradali della zona». La sua è una commedia umana composta di gente semplice dove la vicenda, il “giallo”, spesso si dipana in esempi di disarmante umana stupidità. Soprattutto gli uomini non ne escono molto bene. «Sì, degli uomini, dei maschi spesso mi sconcertano la loro incoerenza, falsità, ipocrisia, boria. A partire da me. Volevo fare il giornalista e ho fatto il medico. Ho giurato di non sposarmi mai e lo sono da decenni. Non avrei mai fatto un figlio e invece ne ho uno con cui ho un magnifico rapporto». Facile pensare, guardando i libri di Vitali, all’altro grande narratore del lago, Maggiore in questo caso, Piero Chiara. «Ma mi riconosco molto anche negli scritti di Giovanni Arpino. Non nascondo poi la mia predilezione per Gabriele D’Annunzio, oltre alla biografia che gli ha dedicato Piero Chiara, ho amato molto quella scritta da Alessandro Barbero, Poeta al comando».

Ad accorgersi di Andrea Vitali fu Antonio D’Orrico, critico del Corriere della Sera, che lo segnalò come un nuovo talento. Dopo diverse pubblicazioni, nel 2004 lo scrittore approda presso l’editore Garzanti con il volume Una finestra vista lago. La prima tiratura di 11mila copie si esaurisce in un paio di settimane. Da allora ogni nuovo libro è un rinnovato successo (tutti i suoi romanzi sono tradotti in una decina di lingue). Dalla stazione Vitali mi conduce immediatamente al lago. Ci sediamo su una panchina a guardarlo. Il lago nei suoi libri assolve la funzione del coro nelle tragedie greche. Segnala gli umori, le atmosfere, il ritmo delle storie. Nebbioso, pesante o sereno e salvifico il lago assolve il suo ruolo di sottofondo onnipresente.

Il palcoscenico dei suoi libri è però Bellano. Dopo la sosta in riva al lago Vitali mi conduce in piazza Tommaso Grossi dove si trova il monumento dedicato al grande letterato bellanese, amico di Alessandro Manzoni e Carlo Porta. Il monumento si trova proprio di fronte all’imbarcadero da cui partono i battelli per Como ed è un punto di riferimento imprescindibile per la città. Proseguendo sul lungolago incontriamo il Municipio, che ha sede in un elegante edificio del XVIII secolo, e giungiamo al molo e piazza Boldoni dove è edificata una bella fontana dedicata al medico e poeta bellanese Sigismondo Boldoni (1597-1630). Imbocchiamo quindi via Manzoni (proprio come Maccadò e signora), la strada principale dove si trovano i migliori negozi, che ci consente di raggiungere il cuore della cittadina, quelle corti e contrade che costituiscono il tessuto pulsante di tante città della Lombardia. In questo vivissimo dedalo si incontrano tre chiese. La sconsacrata S. Nicolao, oggi adibita a mostre ed eventi di arte contemporanea, è una suggestiva chiesetta il cui impianto originale risale al XII secolo. Nel borgo più antico di Bellano si trova la chiesa di S. Marta, un piccolo edificio tardo gotico, molto rimaneggiato, con belle archeggiature in cotto e un notevole tamburo ottagonale risalente al 1582 che ospita belle decorazioni. Nella prospiciente piazzetta si trova l’edificio più importante della città, la prepositurale dedicata ai S. Nazaro e Celso. La chiesa presenta una bellissima facciata tardoromanica bicroma ed elegante rosone, e testimonia della ricchezza e importanza che ebbe Bellano tra il Trecento e il Cinquecento. Bello anche l’interno affrescato.

Raggiungiamo quindi il cotonificio Cantoni, un esempio straordinario di archeologia industriale, costruito nel 1898. Parecchie storie narrate da Vitali ruotano intorno a questa realtà industriale, una delle più importanti dell’Italia post-unitaria. Funzionari, direttori, operaie e operai, semplici fattorini costituiscono figure essenziali nei libri dello scrittore che spesso sottolinea la vocazione industriale della città. La sua chiusura, avvenuta una ventina di anni fa, ha contribuito al declino economico di Bellano. «Sì, la città e molto invecchiata – afferma Vitali –. Si è perso molto dell’atmosfera che cerco di ricostruire nei miei libri in cui, sebbene piccola, esprimeva una vivacità e una centralità straordinaria. Ma oggi, grazie al rilancio del turismo, qualcosa sta cambiando. Negli ultimi tempi si torna a respirare un’aria più movimentata, soprattutto nella bella stagione». Da qui siamo a due passi dal famoso Orrido di Bellano, una cascata formata dalla caduta del torrente Pioverna, che poi va ad attraversare la città. «Non lo amo molto, troppo turistico» e infatti non lo visitiamo. Oltre l’Orrido e a fianco dello splendido parco dei Lorla, si trova la chiesa di S. Rocco, oggi sacrario dei Caduti. Prima che la nostra visita si concluda scoppia un improvviso temporale. Sì, come quelli frequentemente descritti nelle sue storie. Ci rifugiamo al bar di fronte all’imbarcadero, anch’esso luogo prediletto di Vitali (nell’ultimo romanzo è gestito dall’indolente Gnazio Termoli). Quando spiove, lo scrittore mi riaccompagna alla stazione. Una persona gentile, come ho detto. Nell’attesa del treno mi racconta che due volte l’anno i consoli del Tci organizzano gite a Bellano per un tour guidato dallo stesso scrittore. «Mi piace molto incontrare i miei lettori e le loro domande, spesso bizzarre e intelligenti, sono uno stimolo importante». Da non perdere

Fotografie di Carlo Borlenghi
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