di Maria Italia Zacheo | Foto di Fabrizio Borelli
Da oltre un secolo capitale delle acciaierie, la città umbra ha voluto tramandarne la memoria disseminando gli spazi pubblici di imponente opere d'arte di quel metallo
«Benvenuti in California» è lo scolorito saluto-invito affidato da mano incauta a Hyperion, scultura in acciaio corten di Agapito Miniucchi (1981), ben visibile al centro del piazzale dellʼAcciaio, giusto allʼuscita di Terni Ovest. L’opera ricorda la forza primordiale – Titano Iperione – e l’origine, il luogo. Fa da guida simbolica alla conca ternana, ed è parte di un insieme di opere scultoree pubbliche che coniuga storia, vocazione, aspettative di un territorio ancorato alle proprie risorse, significativamente segnato, soprattutto dal secondo dopoguerra, dall’industria e in particolare quella pesante, dell’acciaio, determinante per l’economia della città già dalla metà del XIX secolo. Nel progetto di rimodellamento urbano del Novecento, che si impose con particolare urgenza a seguito dei disastri bellici, è stata avviata una ricerca formale, urbanistica e architettonica, con l’obiettivo concreto di dilatare i limiti fisici delle mura a favore di un centro storico moderno che fosse fusione di città antica e città industriale. In una visione totale, la scala urbana con i suoi spazi, le particolari tipologie e forme architettoniche, e la scala umana, con i suoi riferimenti culturali e le sue istanze sociali, contribuiscono alla definizione di un habitat contemporaneo, sempre perfettibile. Esplorando si ritrovano sperimentazioni attuate in grande dimensione che dialogano con interventi a dimensione ridotta, fino al dettaglio. Valori simbolici e richiami poetici sono affidati alle singole opere e installazioni, alle forme e agli inserti decorativi degli edifici. Arrivando in treno alla stazione, il turista è accolto dalla Grande Pressa, documento-monumento di impatto possente, ben 12mila tonnellate. Ordinata nel 1934 dalla Società Terni alla Davy Brothers Ltd e utilizzata nelle Acciaierie dal 1935 al 1993, dal 1999 è in piazza Dante: segno assai tangibile ed essenziale dell’identità della Terni contemporanea, memoria storica, ma anche sintesi estrema di arte e lavoro. Presenza gigante, caratterizza il sito e diviene anche scena teatrale per Il grande viaggio, dall’Inferno al Paradiso, performance di Stefano de Majo realizzata lo scorso anno in occasione dei 700 anni dalla morte di Dante. Passeggiando e osservando, si conferma, intrigante, il connubio arte lavoro e, di volta in volta, si svela l’artista che ha partecipato al racconto collettivo di una storia dell’arte diffusa, fatta di testimonianze e opere ad hoc.
Così, in piazza Tacito, la Fontana dello Zodiaco (1932-1936), ora in corso di restauro, documenta una prima presenza in città di Mario Ridolfi, protagonista dell’architettura razionalista italiana e progettista dell’opera insieme a Mario Fagiolo, e quella di Corrado Cagli, autore dei mosaici. E gli elementi del metallo e dell’acqua, distintivi della città, esaltati nelle forme – lo stelo altissimo, l’esuberante cascata circolare – nobilitano le industrie locali. Con la sua localizzazione, tra viale della Stazione e corso Tacito, viene evidenziato l’asse stazione-centro proprio nel punto di raccordo con la Valnerina, come previsto dal progetto approvato nel 1868, nella realizzazione del quale è sacrificato corso Vittorio Emanuele – cardo della città romana, antico tratto della strada consolare Flaminia in città – con i suoi palazzi e viene abbattuta parte della cinta muraria medievale. Sventramenti e demolizioni determinano il nuovo assetto urbanistico: si va così a concretizzare in fattezze urbane ridisegnate, nella modernità di molti tracciati e attraversamenti, l’idea dello sviluppo industriale di Terni. Riprendendo il percorso, non lontana, in viale Mazzini, ci si imbatte in Senza Titolo (1969-1970), una struttura-scultura in acciaio corten disegnata da Umbro Battaglini, commissionata dai Fratelli Fontana per le necessarie indicazioni in corrispondenza dell’hotel Valentino. In una visione integrata del contesto tra città, edifici e arredi, l’intervento è in armonia con le linee dell’architettura ridolfiana. Piegando per via Angeloni, arrivati a corso Tacito, Composizione di forme di Umberto Mastroianni (1980) rende omaggio al lavoro, nella figurazione felice uomo-macchina. Dai depositi delle Acciaierie al cortile della fabbrica, nel 2001 è stata finalmente donata alla città dalla Società delle Fucine. Stando alle cronache, solo un caso fortunato e propizio, la visita di Arnaldo Pomodoro alle Acciaierie nel 1984 in occasione del centenario, ha determinato il destino della scultura: in quell’occasione venne scoperta tra rottami e materiali di risulta, proprio dove era stata realizzata e poi dimenticata. Poco più a sud, nello spazio di Villa Glori, inatteso l’Abbraccio eterno del 2019. «Fatevi un selfie con la statua, porta fortuna», così Mark Kostabi, l’autore, che ha donato l’opera – una fusione in bronzo di circa 250 chili – alla città. Nella Terni di San Valentino un omaggio all’amore, l’amore senza tempo, un 3D astratto calato nel concreto quotidiano di una passeggiata. Una deviazione nella vicina via Lanzi arricchisce la visita. Forme in evoluzione nello spazio 1, scultura realizzata presso le officine Ineco di Narni e installata nel 2004 in occasione del 40º anniversario dell’Istituto d’Arte Orneore Metelli, concretizza un’operazione artistica portata a termine con tenacia, a distanza di molti anni dall’ideazione (1967-68). Rappresentazione plastica di una propizia sinergia tra gli studenti dell’Istituto d’Arte che hanno elaborato il progetto su disegno di Ottavio Gigliotti, testimonia un valore aggiunto, nella partecipazione attiva, nella condivisione socioculturale. Camminando ancora in direzione sud, entriamo in piazza Europa, cuore della città. Di fronte Palazzo Spada, sede del Municipio, imponente edificio cinquecentesco ristrutturato nel Settecento.
Da qui corso del Popolo, dove si trova la Lancia di Luce. Possente obelisco contemporaneo di circa 90 tonnellate, progettato nel 1984 e inaugurato nel 1995, si staglia per un’altezza di 32 metri. «Un inno alla produttività e alla fatica, esprime il difficile lavoro della fonderia, dall’inizio alla fine del processo, esaltando le capacità degli uomini in essa impegnati. Al tempo stesso, può essere interpretato come un’esaltazione del processo di fusione che, a partire dalla scoria, riesce a fornire un materiale pregiato e di alto valore aggiunto». Nelle parole di Arnaldo Pomodoro, suo progettista, è il senso di una comunità in cerca di riscatto, che ritrova il vigore nell’agire e punta sull’innovazione, rappresentato nell’ascesa suggestiva dalla terra al cielo.Dalla città degli anni Trenta a quella di fine millennio, la materia, filo conduttore, sostanzia nel lavoro il progetto di una città industriale, valorizza nell’arte il tessuto urbano di una città d’autore. E la materia, questa volta il bronzo, esalta la natura – rami, foglie – e valorizza il contesto in largo Ezio Ottaviani, che raggiungiamo risalendo a nord passando per il Duomo. Lo fa con Fonte, suggestiva scultura di Giovanna De Sanctis (2000), frammentata nell’acqua, altro elemento identitario. Felice sinergia – progetto dell’amministrazione comunale e sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni – per uno spazio pubblico più sostenibile. Di luogo in luogo altre visioni in città, le visioni illusorie e i racconti degli street artist. Quartieri industriali, palazzi, sottovie offrono gli ambienti idonei per interventi grafici e pittorici. Immagini e caratteri ribelli approdano nei programmi istituzionali di arte pubblica e Terni contemporanea include le realizzazioni nei percorsi a cielo aperto. Il colore guida lungo via Macinorotta. Le figure sorprendono in strada – via Montefiorino, via Cadore, via Lungonera, nel sottopasso Cimitero – e invadono la stazione metropolitana Ponte le cave. Scene illustrano i prospetti dell’Istituto Casagrande, del Centro Palmetta, del Cesvol. Vicina al pubblico per prossimità fisica e per capacità di comunicazione, la street art assume un ruolo significativo nelle proposte di rinnovamento sociale urbano. Così entra a pieno titolo in via Giotto la pittura murale della francese Caroline Derveuax, ospitata in città, con le sue geometrie sovrapposte, in tandem con la proposta di Ozmo: un Baldassarre Castiglione rivisitato in chiave street art. E, vagando da flâneurs, riscalda sotto l’Arco di San Lorenzo, in pieno centro storico, l’Ornato Disegnato 05100 (2021) di Uno, che tesse in un drappo i colori del quartiere.